Spillover di David Quammen

 

 

La pandemia avrà un effetto sulla nostra vita più lungo di quello che avevamo previsto all’inizio. Illuminante sul tema il saggio di David Quammen Spillover. L’evoluzione delle epidemie pubblicato nel 2012 (Adelphi Edizioni. Le citazioni sotto riportate sono tratte da tale edizione) e tornato di attualità oggi già che aveva anticipato l’attuale pandemia. Scrittore e giornalista statunitense, divulgatore scientifico e viaggiatore di territori selvaggi al seguito di spedizioni scientifiche, Quammen non pensa di essere stato preveggente, ma semplicemente di avere riportato ciò che esperti molto affidabili gli avevano preannunciato. Spiega: “Avevo ascoltato gli scienziati sostenere che sarebbe arrivata una pandemia da animali selvatici, dicevano probabilmente un Coronavirus, probabilmente da un pipistrello. Non sono stati ascoltati perché non conveniva ai politici.” E specifica: “Siamo stati noi a generare l’epidemia di Coronavirus, è stata l’attività umana a scatenarla.”

 

 

Un viaggio molto diverso

 

David Quammen conduce nel suo Spillover. L’evoluzione delle epidemie in un viaggio molto diverso da quelli ai quali siamo abituati. Ogni capitolo è una storia e ogni storia racconta le epidemie, le loro cause, i loro meccanismi. Si seguono i racconti delle sue esplorazioni in luoghi selvaggi al seguito di scienziati che sono veri e propri “cacciatori di virus”. Dall’Africa centrale all’Australia, dalla Malesia alla Bolivia alla Cina, moltissime storie, interviste, testimonianze, aneddoti, incontri in aree remote, in situazioni difficili. A tratti inquietante e anche impegnativo, è una lettura estremamente interessante per chi cerca di capire cosa sta succedendo al pianeta. 600 pagine dense di informazioni scientifiche, ma molto divulgative.

 

 

Che cosa sono i virus?

 

Nel saggio Spillover. L’evoluzione delle epidemie lo scrittore americano definisce i virus “predatori di piccole dimensioni che ci attaccano dall’interno”. Non scompaiono, si nascondono nei cosiddetti ospiti serbatoio (“un organismo vivente che porta con sé il patogeno, un parassita al quale dà asilo permanente, senza ricevere danno o quasi) e negli ospiti di amplificazione (“un organismo in cui un virus o un altro patogeno si moltiplica e dal quale si diffonde in misura straordinaria”). Tanti dei nuovi virus vengono dai pipistrelli, gruppo vasto e multiforme di mammiferi “molto sociali con tane che possono ospitare più di un milione di individui”. Sottolinea lo scrittore che un mammifero su quattro è un pipistrello.

 

 

Identificare l’ospite serbatoio

 

 

Quammen afferma che è sempre della massima importanza identificare l’ospite serbatoio per identificare il prossimo Big One, la prossima grande epidemia, ma non è facile e a volte si seguono piste false. E aggiunge che il virus Ebola, che può sparire per anni e provoca una malattia spaventosa e incurabile, rappresenta tuttora un enigma: l’ospite serbatoio non è stato identificato con certezza. Per la SARS (sindrome respiratoria acuta grave) invece, caratterizzata da alta infettività e letalità, sono stati identificati i pipistrelli, ma ancora ci si domanda se sono l’unico ospite serbatoio. È importante comprendere che è tutto piuttosto complicato, ma decisivo per il nostro futuro.

 

 

Lo spillover o salto di specie

 

 

Lo spillover indica il momento in cui un patogeno passa da una specie ospite a un’altra. Quammen traccia la dinamica di “spillover” (o salto di specie, che può essere tradotto con “tracimazione”) dei virus dagli animali selvatici agli esseri umani chiamato zoonosi ovvero ogni infezione animale trasmissibile agli uomini. Come Ebola, la peste bubbonica, l’influenza spagnola e le varie versioni dell’influenza e l’AIDS. Non invece la poliomielite, non il vaiolo, che fu debellato in quanto, potendo vivere e riprodursi solo negli esseri umani, non aveva altri ospiti dove nascondersi. Quammen chiarisce che gli spillover non sono una novità nella storia delle malattie infettive, ma essendo noi oggi 7,8 miliardi di persone sul pianeta sono diminuite le distanze tra luoghi, esseri umani e animali e sono di conseguenza aumentate le possibilità di tali “salti di specie”. Non sono gli animali né i virus a cercare l’uomo, ma gli uomini che entrano nei loro ambienti naturali e diventano nuovi ospiti: un virus che riesce a replicarsi anche nell’uomo, come avvenuto ora nella pandemia, è un virus “vincitore” essendo gli esseri umani tanto numerosi.

 

 

La vera storia dell’AIDS

 

“La vera storia dell’AIDS, che ha già ucciso 30 milioni di persone, non inizia tra la comunità omosessuale americana nel 1981 o in qualche metropoli africana negli anni Sessanta” – scrive l’autore – “ma alle sorgenti del fiume chiamato Sangha nella giungla del Camerun sudorientale nel 1908 con uno spillover da uno scimpanzé a un essere umano. Nel 2000 per la prima volta si avanza la tesi che l’AIDS fosse una zoonosi. Mentre nel resto del mondo la lotta contro l’AIDS si combatteva con messaggi sul sesso sicuro, in Africa si raccomandava di non mangiare carne di scimpanzé.”

 

 

Le malattie emergenti

 

“Ogni nuova e strana malattia con ogni probabilità arriva dagli animali. Non tutte le malattie emergenti sono zoonosi, ma la maggioranza lo è. Le zoonosi di origine selvatica rappresentano la più consistente e crescente minaccia alla salute della popolazione mondiale. I patogeni zoonotici sono responsabili del 60% delle nostre malattie infettive. Teniamo d’occhio gli animali selvatici perché mentre li stiamo assediando, accerchiando, sterminando e macellando, ci passano le loro malattie. Non si tratta di meri accidenti ma di conseguenze non volute di nostre azioni. Sono lo specchio di due crisi planetarie convergenti: una ecologica e una sanitaria.”

 

 

Ecosistemi minacciati

 

Più distruggiamo gli ecosistemi, più smuoviamo i virus dai loro ospiti naturali, più ci stiamo offrendo come ospiti alternativi. Una zoonosi può diffondersi con maggiore probabilità in un ecosistema minacciato rispetto a uno intatto e ricco di biodiversità. Le attività umane sono causa della disintegrazione di tanti ecosistemi attraverso la deforestazione, l’aumento dei terreni agricoli e dei pascoli, la caccia alla fauna selvatica, l’attività mineraria, l’aumento degli insediamenti urbani e il consumo di suolo, l’inquinamento, lo sversamento si sostanze organiche nei mari, lo sfruttamento insostenibile delle risorse ittiche, il cambiamento climatico e altri fattori. Le foreste tropicali non sono l’unico ambiente in pericolo, ma sono di sicuro il più ricco di vita e il più complesso.

 

 

 

David Quammen
David Quammen at his house in Bozeman, MT

 

 

 

La risposta dell’ambiente

 

Quammen definisce “i virus l’inevitabile risposta della natura all’assalto dell’uomo agli ecosistemi e all’ambiente. I diversi ecosistemi naturali sono pieni di molte specie di animali, piante e altre creature, ognuna delle quali contiene in sé virus unici. Molti di questi virus, specialmente quelli presenti nei mammiferi selvatici, possono contagiare gli esseri umani. Stiamo invadendo e alterando questi ecosistemi con più decisione che mai, esponendoci dunque ai nuovi virus.” I virus ci sono sempre stati come anche le epidemie, ma la globalizzazione ha portato a una diffusione rapida e senza precedenti. Senza precedenti è anche la pressione sull’ambiente della nostra specie, che si prevede raggiunga gli 11 miliardi entro il 2100. Lo scrittore indica come unica strada percorribile per frenare il degrado ambientale e le sue conseguenze sull’uomo la riduzione rapida del nostro impatto sull’ambiente e, graduale, della dimensione della nostra popolazione con la relativa domanda di risorse.

 

 

Pandemie e sorveglianza internazionale

 

 

“Se continuiamo a vivere così, dobbiamo aspettarci altre pandemie. La difficoltà a fare previsioni precise non ci obbliga rimanere impreparati e fatalisti”- sostiene Quammen, che aggiunge: “possiamo sapere quali gruppi di virus tenere sotto osservazione, essere in grado di riconoscere uno spillover anche in luoghi remoti prima che si trasformi in un’epidemia, avere le capacità organizzative per bloccare le epidemie localizzate prima che diventino pandemie. Abbiamo inoltre le conoscenze tecniche necessarie alla rapida identificazione dei virus noti, alla classificazione di quelli nuovi in modo quasi altrettanto veloce e alla creazione di terapie e vaccini in tempi piuttosto rapidi. Gli scienziati del settore sono in perenne stato di allerta.” È fondamentale mettere a punto un sistema di sorveglianza internazionale coordinato e rapido e condividere la conoscenza a livello globale. “Solo così se si troverà che 20 persone in un villaggio sperduto del Sud Sudan hanno una febbre misteriosa che non è malaria, ma che sembra “qualcosa di mai visto”, si individuerà subito che è un virus nuovo e si prenderanno le misure corrette per contenerlo.”

 

 

Possiamo fare mosse intelligenti

 

Quammen scrive: “Non ho scritto questo libro per spaventare il pubblico, ma per renderlo più consapevole…possiamo fare mosse intelligenti.” E anche: “Quello che accadrà dipenderà da tutti noi: dovremmo conoscere almeno le dinamiche di quello che è in gioco e l’influenza decisiva del comportamento individuale sul tasso di trasmissione. Se il numero riproduttivo è minore di 1, il focolaio si insabbia, se è maggiore di 1, il contagio si espande. Se è molto maggiore di 1, ecco l’epidemia. Dovremmo sapere che le recenti epidemie di nuove zoonosi fanno parte di un quadro generale più vasto, creato dal genere umano. Dovremmo renderci conto che sono conseguenze di nostre azioni.” Nel 2012 quando il libro venne pubblicato, Quammen si domandava: “è possibile invertire la rotta o minimizzare le conseguenze prima di essere colpiti da un’altra devastante pandemia?” Avete già la risposta, speriamo ci serva per il futuro.

 

2 pensiero su “Spillover. L’evoluzione delle epidemie”
  1. Molto interessante questo libro: sebbene impegnativo dovrebbero leggerlo in tanti, tantissimi. Ci vuole cultura, informazione e, soprattutto, buon senso da parte di tutti: a ogni azione corrisponde una reazione, e non è detto che sia sempre favorevole a noi, anzi. Un po’ di lungimiranza sarebbe sufficiente, specie da parte di chi governa.

    1. Grazie per il saggio commento. Concordo, serve lungimiranza. Nel dibattito organizzato dal LAC di Lugano tra Quammen e il filosofo della scienza Telmo Pievani quest’ultimo ha detto: “dovremmo agire come i costruttori di cattedrali: chi le inizia non le vede finite, ma vanno a vantaggio delle future generazioni”

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