L’esposizione alla Triennale di Milano Saul Steinberg. Milano New York, a cura di Italo Lupi e Marco Belpoliti con Francesca Pellicciari, presenta Steinberg, artista e illustratore di fama mondiale, dai suoi esordi milanesi. Disegnatore, artista, fumettista, scrittore, Steinberg era un artista difficile da classificare. La mostra, aperta fino al 13 marzo, ne documenta la straordinaria originalità, la complessità, la versatilità. Non è solo una retrospettiva, ma anche un omaggio che Milano doveva al grande artista, che ha trascorso in città gli anni dal 1933 al 1941, dedicandole molte sue opere. Da Milano a New York, la città di adozione dove Steinberg, ebreo rumeno espulso per motivi razziali, ha dovuto scappare ottenendo poi la cittadinanza americana. Una mostra affascinante, che riporta l’eclettico artista a Milano dove tornava spesso. Da vedere con calma.
La mostra
L’esposizione Saul Steinberg. Milano New York, realizzata insieme alla casa editrice Electa, che ha pubblicato il libro-catalogo, è accolta al primo piano di Triennale nel grande emiciclo, punto privilegiato del Palazzo delle Arti. Straordinariamente ricca di opere, ospita 350 lavori provenienti da musei e fondazioni di tutto il mondo di cui un terzo rimarranno a Milano presso la Biblioteca Nazionale Braidense che ha ricevuto una donazione di opere dell’artista dalla Saul Steinberg Foundation. Sono esposti disegni a matita, a penna, a pastello, ad acquerello, maschere disegnate su sacchetti di carta, oggetti/sculture, collages oltre a documenti, fotografie, riviste e libri originali. Temi e soggetti spaziano in ogni genere, lo stile è inconfondibile. Un filo narrativo è l’amore per l’Italia che Steinberg coltivò per tutta la vita.
Steinberg a Milano
L’esposizione Saul Steinberg. Milano New York racconta gli esordi milanesi di Steinberg (morto nel 1999), l’inizio della sua arte. Milano è stato la seconda patria dell’artista quando è arrivato dalla Romania. Il legame che lo univa alla città di Milano era fortissimo. Nel 1933 si iscrisse alla facoltà di Architettura al Politecnico dove si laureò. Sono esposti due suoi disegni per un corso di Gio Ponti, che fu suo maestro, e alcune cartoline di Natale inviate al docente. Nel 1936 si propose come vignettista al “Bertoldo”, bisettimanale umoristico, e venne assunto. A Milano Steinberg, che visse nel quartiere di Città Studi, entrò in contatto con i grandi protagonisti del mondo culturale di quegli anni. Osservava con grande attenzione le case che frequentava. Il suo amore per l’architettura si deve alla sua formazione, che sicuramente ha influenzato la sua passione per gli interni domestici, uno dei temi centrali dei suoi lavori.


Steinberg a New York
Steinberg visita le città americane fin dal suo arrivo negli Stati Uniti. Scrive: “nel ‘50 ho fatto disegni più o meno dal vero di paesaggi americani, strade d’America…Non c’era nessuno allora che si interessasse a queste cose; i pittori americani cercavano posti, angoli che somigliassero alla “vera pittura”… Viaggiando in autobus, se si riesce a sedere nella prima fila, si gode la vista ideale, la più rara e nobile, la vista dell’uomo a cavallo.” E ancora: “La maggior parte delle donne italiane non indossa il corsetto. La presenza di questa armatura fa sì che le donne americane assomiglino a eroici cavalieri medievali. Le loro stesse scarpe sembrano aggressive; hanno tacchi a spillo; le loro borsette e i loro ombrelli sembrano armi; si truccano con colori di guerra.” Disegna gli interni americani, che visita in occasione di feste negli anni Cinquanta, togliendo a volte la facciata per mostrare al meglio arredi e partecipanti. Celebri le copertine del The New Yorker dove fu pubblicato il suo primo disegno nel 1941 e per la quale ha lavorato per quasi sessant’anni. Tra il gennaio 1944 e l’aprile 1945 la rivista pubblica i suoi reportage dal fronte (Cina, India, Nord Africa e Italia) che contribuiscono a plasmare l’immaginario visivo americano del dopoguerra.


Il ritorno a Milano
A guerra finita torna più volte in Europa e numerose volte in Italia. Nel 1954 in occasione della X Triennale di Milano realizza un lavoro apposito, invitato dall’amico degli anni universitari Ernesto Nathan Rogers. Per il “Labirinto dei ragazzi”, installazione temporanea ideata dallo studio di architettura BBPR nel giardino, realizza un murale con la tecnica dello “sgraffito”. I bozzetti originali preparatori dell’opera realizzati su quattro fogli pieghevoli detti “leporelli” (ciascuno composto da una striscia di carta piegata a fisarmonica lunga fino a 10 metri) costituiscono il nucleo centrale della mostra Saul Steinberg. Milano New York.
La linea è la mia vera lingua
Chi è Saul Steinberg? Che cosa fa Saul Steinberg? Domanda il curatore Marco Belpolito nella conferenza di presentazione dell’esposizione Saul Steinberg. Milano New York e racconta: “È tra gli artisti e disegnatori le cui opere sono tra le più citate al mondo… è un disegnatore, artista, filosofo della rappresentazione, fumettista, scrittore, aveva l’abilità di prendere un’idea complessa e distillarla in un’immagine.” Belpolito cita le parole di Steinberg: “Non appartengo propriamente né al mondo dell’arte né a quello dei fumetti e nemmeno a quello delle riviste. Perciò il mondo dell’arte non sa bene dove piazzarmi.” Marco Belpolito ha curato il libro-catalogo per Electa che analizza l’opera di Saul Steinberg nei suoi molteplici aspetti, dall’architettura al disegno, dal rapporto con Milano a quello con New York, alle mappe, all’epistolario con Aldo Buzzi, agli artisti che gli furono amici e compagni come Costantino Nivola e Alexander Calder, ma anche Alberto Giacometti e Le Corbusier. Diceva Steinberg: “Disegno perché l’essenza di uno scritto riuscito è la precisione e il disegno è un modo di espressione preciso. Sono piuttosto uno scrittore che non sa scrivere. Parlo sei lingue e nessuna correttamente. La linea è la mia vera lingua (1957)”.


Nato per disegnare
“Come Fred Astaire era nato per ballare, così Steinberg era nato per disegnare” – afferma il curatore Italo Lupi nella presentazione della mostra Saul Steinberg. Milano New York e prosegue: “faceva disegni che erano parole, si è costruito una specie di araldica moderna fatta di ghirigori, segni, lettere, interpretazioni scritte che erano illeggibili, una specie di gramelot scritto con una calligrafia disegnata.” E ancora: “Aveva anche una simpatia umana che lo faceva penetrare nel cuore dei personaggi che disegnava…anche nei lavori più taglienti che faceva come i disegni delle donne americane con i loro tacchi altissimi, le loro cotonature immense, i loro corsetti… Ha posto attenzione alla vita americana in un modo formidabile, la sua descrizione delle architetture, delle metropolitane…le sezioni che faceva nelle case con gli arredamenti differenti…” Un altro capitolo della sua vita e della sua produzione artistica è quello dell’inviato nei servizi della Marina militare americana su quattro fronti di guerra, Cina, India, Nord Africa e Italia. Dice Lupi: “ha pubblicato uno dei più bei reportage di guerra mai fatti, di ogni paese riportava le caratteristiche, immagini fatte con amore e amicizia. L’unico grande quadro dove c’è una rappresentazione di guerra è quello del bombardamento di Cassino, di cui esistono due versioni. Tutte le altre rappresentazioni sono tra le rappresentazioni più precise e indicative di quel periodo.” Conclude: “Sulla grandezza di Steinberg siamo tutti d’accordo…. Dall’allestimento mi pare che si intuisca la complessità del personaggio. È probabilmente la mostra più complessa e completa che ci sia stata.”
Saul Steinberg. Milano New York

Saul Steinberg. Milano New York
Triennale Museo del Design Italiano
Fino al 13 marzo
Tutti i venerdì alle 19, visita guidata da prenotare scrivendo a visiteguidate@triennale.org