Martedì 12 su Rai 1 in prima serata arriva, come preannunciato, la fiction Io sono mia. Coinvolgente fino alle lacrime, il film di Riccardo Donna, già nelle sale cinematografiche il 14-15 e 16 gennaio, è un racconto emozionante che restituisce l’anima di Mimì Berté, in arte Mia Martini, e racconta la grande umanità della donna oltre che lo straordinario talento dell’artista per la quale hanno scritto canzoni i maggiori cantautori italiani.
Serena Rossi, che nel film interpreta Mimì, sul palcoscenico dell’Ariston ha appena cantato, duettando con Claudio Baglioni, Almeno tu nell’universo, emozionando tutti con il brano che Mia Martini cantò proprio al Festival di Sanremo trent’anni fa, nel 1989. Serena, commossa, ha poi dichiarato: “vorrei veramente chiederle scusa per tutto quello che le hanno fatto. Questo film è un atto d’amore per lei.” Da vedere.
Una voce unica
L’amore per il canto e la musica si era manifestato fin da quando Mimì era giovanissima, osteggiato dal padre, stimolato dalla madre. Una voce unica la sua, che si distinse nel panorama della musica leggera italiana, e un’eccezionale intensità interpretativa: ecco le qualità che resero speciale Mia Martini, che fu anche cantautrice. Tra le poche artiste italiane a lavorare con Charles Aznavour, che ne comprese le doti chiamandola a cantare con lui all’Olympia di Parigi, il più prestigioso palcoscenico musicale francese.
Mimì nel film è impersonata da Serena Rossi, attrice e cantante, totalmente presa dalla parte, che non ha voluto imitare Mia, ma interpretarla dopo averla avvicinata ascoltando musica e interviste, leggendo libri, parlando con persone che le furono vicine a partire dalla sorella Loredana Berté – nel film Dajana Roncione – cercando di restituire (anche) il suo modo di stare sul palcoscenico, che cambiò dopo il grave problema che Mia ebbe alle corde vocali, cui seguirono due interventi chirurgici, un anno di silenzio e tanta paura di non potere più cantare.
Il produttore discografico Alberigo Crocetta (Antonio Gerardi nel film)
Il successo
Il nome d’arte di Domenica Rita Adriana Berté, detta Mimì, è un omaggio della cantante all’attrice Mia Farrows, che ammirava molto, e all’italianissimo Martini scelto dal produttore discografico Alberigo Crocetta che, scoperto il talento di Mia ai suoi esordi come cantante jazz, volle un nome italiano riconoscibile per lanciarla sul mercato internazionale. Il film, che mescola realtà e finzione, evoca le stagioni della vita di Mimì, gli alti e bassi estremi che la contraddistinsero, dal successo negli anni Settanta del Novecento all’esilio doloroso negli anni Ottanta fino al ritorno trionfale a Sanremo nel 1989 (dove immagina l’intervista di una giornalista, interpretata da Lucia Mascino, inizialmente riluttante, poi coinvolta dalla storia di Mia) con Almeno tu nell’universo, canzone scritta da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio, che ottenne un grande successo di pubblico e di critica, che poi le avrebbe dedicato un premio speciale che oggi porta il suo nome.

Il dolore
Tanta musica nella vita di Mimì, ma anche tanto dolore che il film rende palpabile mostrando in un crescendo il tormento che consumò la vita professionale e personale di Mia, distrutta dalle maldicenze assurde che le attribuivano di portare sfortuna e crebbero a dismisura all’inizio degli anni Ottanta divenendo pregiudizio e precludendole la scena musicale per molti anni.
Molti registi famosi non la vollero più, alla radio non trasmettevano le sue canzoni, non la volevano in televisione né nei teatri dove tanto successo aveva avuto: il mondo dello spettacolo quasi al completo voltò le spalle, per gelosia, invidia e interesse, a Mia, una delle migliori voci femminili della musica leggera italiana, amata dal pubblico e dalla critica, esercitando su di lei una violenza inaudita. Al prezzo di notevolissime sofferenze, Mia dimostrò sempre grande dignità e si mantenne integra. Quando poi la sua vita divenne un vero incubo, decise di ritirarsi, di scomparire, costretta a una solitudine estrema. Dice nel film: “meglio reclusa che umiliata”. Dice il regista: “il film è anche un modo di chiederle scusa”.

L’amore
“L’amore è il motore di tutto”, dice Franco Califano a Mia Martini nel film incontrandola prima di scrivere per lei la bellissima canzone Minuetto, che fu un trionfo. Mia condivide, l’amore è l’aspetto fondamentale della sua vita, seppure contrastato, tormentato, e dice: “Che lusso che è l’amore”. L’amore per Andrea nella finzione cinematografica, nella vita per Ivano Fossati (che non ha voluto essere presente nel film) per il quale soffrì molto alla fine del loro rapporto.
Padre davvero
L’amore mal corrisposto, doloroso, ai limiti della patologia per il padre, un padre tremendo, violento, che nega l’identità della figlia e dell’artista, i suoi sentimenti e la sua musica. Con il padre Mimì per lunghi anni non ha rapporti ma, nonostante l’abbia fatta molto soffrire, lei lo perdona senza perdere l’affetto per lui fino alla fine dei suoi giorni. Solo in un momento riesce a ribellarsi al padre cantando la canzone Padre davvero, il primo brano pubblicato nel 1971 con il nome di Mia Martini, che la lancia sulla scena internazionale. Esortata (nel film) dal produttore discografico Crocetta, che ne coglie la sofferenza nel conflitto con il padre, cantando a un’intera generazione dice al padre quello che non gli ha mai detto prima, salvo poi pentirsi cercando il contatto. Negato.
Un bellissimo film, pieno di musica e di emozioni.

Qui il trailer