Alla quindicesima edizione di Identità golose, a Milano, nell’ambito della tematica “Il fattore umano: costruire nuove memorie”, che intende legare il passato al futuro, lo chef messicano Enrique Olvera tiene la sua lezione dal titolo “il contesto è essenziale”.
Lo chef messicano, considerato il Bottura del Messico, nel 2000 ha aperto a Città del Messico il Pujol e nel 2015 Cosme a New York, entrambi tra i 50 Best Restaurants del mondo.
Enrique Olvera racconta
“Sono Nato a Città del Messico e cresciuto come chef negli Stati Uniti. Quando sono tornato in Messico ho constatato che nella capitale messicana non c’erano ristoranti di alta cucina. La gastronomia messicana era relegata a casa e ai mercati.
Dal 2000 al 2009 al Pujol ho utilizzato tecniche apprese a New York incorporando ingredienti messicani, ma questa era solo una tropicalizzazione dell’esistente.
Verso il 2010 ho deciso di cambiare la cucina del Pujol. Ho iniziato a viaggiare. Sono stato in Giappone ed è stata un’esperienza fantastica. Ne ho riportato un concetto che è per me divenuto fondamentale: non occorre scegliere se essere tradizionali o contemporanei.
Abbiamo seguito questa via: ci sono cose che amiamo dell’alta cucina e altre che odiamo. Lo stesso vale per lo street food. La connessione del cibo messicano con la strada è forte. Ci piace lo street food, ma ci piace anche la perfezione. Coniugando questi due aspetti, è sbocciata la nuova cucina del Pujol.”
L’intervista
La gastronomia messicana dal 2010 è patrimonio dell’umanità dell’Unesco: mi può indicare tre buone ragioni a suo parere per questa nomina?
Perché è diversa da ogni altra, perché la tecnica e gli ingredienti sono unici. È il riflesso della diversità delle culture messicane e della biodiversità. La cucina è una parte fondamentale della vita di un messicano.
Come nasce la passione per la cucina e quando e come diventa chef?
Da piccolo mi piaceva stare in cucina con mia mamma e aiutarla. I miei nonni avevano una panetteria. Da adolescente mi era chiaro che volevo fare il cuoco.
Come descriverebbe la cucina del suo ristorante Pujol?
La maggior parte della nostra cucina è diventata molto semplice. Cerchiamo di emulare la semplicità dello street food, dei mercati, aggiungendo grande precisione. Apprezziamo la bellezza della semplicità.
Quali sono le principali suggestioni che ha preso dal suo territorio di origine e gli ingredienti della cucina messicana che predilige?
Il sistema di agricoltura de las milpas, (n.d.r. un sistema di coltivazione usato in Messico fin dall’epoca preispanica), che è la colonna vertebrale delle cucine regionali. Gli ingredienti che prediligo sono il mais, i fagioli neri e le zucchine.
L’ingrediente tra tutti principale che più utilizza?
Il mais, granturco, è l’elemento centrale de las milpas e la tortilla è la parte fondamentale della cucina del Pujol. La tortilla è atemporale. Tutti i valori di sostenibilità della cultura contemporanea si riassumono nella tortilla, che nel contesto dell’alta cucina cambia grazie a molta precisione e amore per i dettagli.
Che cosa non le piace cucinare?
Mi piace sempre meno cucinare la carne per come vengono allevati gli animali.
Che cosa preferisce cucinare?
Mi piace molto cucinare i tamales (n.d.r. rotoli di mais cotti al vapore e avvolti in foglie di granturco, salati o dolci secondo il ripieno) con i miei bambini: quando si aprono è come aprire un regalo.
Mi piace soprattutto cucinare in casa e cerco di portare quest’idea al ristorante. Propongo la comida materna che, come in Italia, è quella cucina che dà affetto e si prende cura degli altri. Mi interessa questo, non tanto fare colpo.
Il mole, che è un piatto tradizionale messicano a base di pollo o tacchino ricoperto da una spessa salsa fatta con cacao e numerosi tipi di peperoncino, è il piatto per eccellenza del suo menù a Polanco. Me ne parli.
Il nostro mole è un piatto essenziale, che serviamo senza carne o pollo, da solo visto che contiene 100 ingredienti, accompagnato da diversi tipi di tortillas.
Che menù propone al Pujol?
Una parte del ristorante Pujol è un taco bar, dove si assaggiano 4 o 5 tipi di tacos proprio come in taqueria, ma usiamo più pesce che carne e non ci piace che si esca appesantiti. L’altro settore del Pujol segue l’idea europea di piccoli sapori più delicati per iniziare il pasto per passare poi ai gusti più forti. Ci sono due menù.
Come variano le sue proposte al Cosme di New York?
Trovandosi a New York, il Cosme mi offre maggiore libertà, la libertà dal contesto.
Quali sono i suoi ristoranti del cuore a Città del Messico?
Lardo di Helena Regadas nella Colonia Condesa, la taqueria Los Panchos, nella colonia Anzures non distante dal Pujol, per i tacos de carnitas (n.d.r. i tacos più popolari, a base di carne di maiale) e Maximo Bistrot di Eduardo Garcia, nella colonia Cuauhtemoc, che fa una gastronomia da bistrot francese ma con una forte influenza messicana.
Qual è il suo piatto preferito in assoluto, messicano e non?
Taco con aguagate (n.d.r. avocado) y salsa de tomate verde. Anche della cucina italiana prediligo i piatti semplici come la pasta al pomodoro o alla carbonara. Poi mi piace molto la gastronomia giapponese, diametralmente diversa da quella messicana, che mi ha dato idee su come semplificare la cucina.
In Messico esiste una distanza simile a quella presente in Italia tra l’alta cucina e il pubblico, che in Francia invece non è così forte?
In Messico è stato difficile portare la cucina quotidiana all’alta cucina. Ci si riesce con i dettagli e la ripetizione dei piatti fino alla precisione.