Guadalupe Nettel è una scrittrice originalissima, che ama mettere a fuoco quello che la gente ritiene anormale, quello che nasconde, quelli che considera difetti. Lei crede che, visto da vicino, nessuno sia normale. I sentimenti, le passioni, le fobie, le paure, i desideri, gli affetti sono espressi nella sua opera in una cornice molto personale. Nettel, nata e cresciuta in Messico, parla di relazioni umane con un’intensità e una sensibilità che si è sviluppata nella sua solitaria sofferenza infantile dovuta a un difetto della vista e ai continui esercizi correttivi ai quali è stata sottoposta, che l’hanno fatta sentire “diversa”fin da piccola.
Allo scorso Salone del Libro di Torino la scrittrice messicana ha riscosso grande successo con il suo ultimo libro di racconti Bestiario sentimentale (La Nuova Frontiera). Ora il Messico ha appena eletto il suo nuovo presidente, Andrés Manuel Lazaro Obrador, un progressista moderato che, forte di un consenso straordinario, si spera possa apportare alcuni cambiamenti importanti in un Paese dove la violenza e la corruzione hanno raggiunto livelli intollerabili.
Guadalupe parla la lingua dell’altro Messico, che esiste, il lato più bello e creativo del Paese latinoamericano. Tradotta in oltre dieci lingue, vincitrice di premi quali il prestigioso Herralde de Novela (2014) con il libro Despues del invierno, il Premio Internacional de Narrativa Breve Ribera del Duero con El matrimonio de los peces rojos (2013), il premio tedesco Anna Seghers (2009) e il premio franco-messicano Antonin Artaud (2008), recensita più volte dal New York Times, è una delle voci under 40 più promettenti della letteratura latinoamericana contemporanea.
Bestiario sentimentale
Del suo ultimo libro tradotto in italiano svela la scrittrice messicana: “ci sono libri che costano molta fatica come fossero pietre e altri che fluiscono e Bestiario sentimentale è tra questi, come se qualcuno me lo avesse dettato. Forse è un libro che ha a che fare con una mia ossessione – ho molte ossessioni – una bella ossessione: osservare gli animali, vedere come si comportano tra loro e con noi, mi aiuta a comprendere meglio l’essere umano.”
“A volte ci dimentichiamo che apparteniamo al mondo animale. Gli animali sono come uno specchio delle cose che non vogliamo vedere. Ci mostrano la nostra ferocia, il nostro lato impulsivo, il nostro lato istintivo. In questi cinque racconti ho voluto mettere in parallelo la vita degli animali e quella degli uomini. Diceva Thomas Stearns Eliot che la vita si riassume in nascita-accoppiamento sessuale-morte e questo è molto evidente nella vita degli animali. È un libro a cui tengo molto”. Estraneo ai luoghi comuni, profondo, sonda l’intimità in modo originale.
Il racconto superficiale e il racconto sotterraneo
Guadalupe Nettel ha scelto la forma del racconto perché lo sente come un genere vicino alla sua sensibilità e a quella del Messico. Spiega: “Sono cresciuta leggendo racconti, nella cultura latinoamericana il genere del racconto ha una grande tradizione.” Tra gli scrittori argentini Nettel ha particolarmente a cuore Julio Cortazar e Ricardo Emilio Piglia, del quale apprezza la teoria sul racconto, che illustra così: “ci sono sempre due livelli, uno è il racconto ufficiale, l’altro quello sotterraneo del quale il lettore si rende conto solo alla fine.”
E continua: “gioco molto con quest’idea, di quello che è superficiale e di quello che passa sotto la superficie dell’acqua. Credo che succeda lo stesso anche nelle relazioni umane: da un lato quello che si dice, dall’altro quello che non si dice. Noi crediamo di essere gli unici esseri razionali, con una coscienza, ma gli animali hanno coscienza e noi abbiamo istinto, solo che la razionalità non ci permette di entrare in contatto con il nostro lato istintivo. Gli animali del Bestiario sentimentale vivono accanto agli esseri umani. Tutti gli animali sanno cosa vogliono a differenza degli uomini, noi ci ingarbugliamo proprio in quello di cui siamo più orgogliosi, il nostro lato razionale.”

La vita matrimoniale dei pesci rossi
“In generale si impara molto dagli animali con cui conviviamo, pesci compresi. Sono una specie di specchio che riflette emozioni o comportamenti celati che non abbiamo il coraggio di vedere”(da Bestiario sentimentale). Racconta la scrittrice messicana che nella sua casa a Coyoacàn ha un “gatto-cane”. “Lo chiamo gato-perro – spiega -“perché è un gatto che si comporta come un cane, mi fa le feste, si rattrista se esco, è molto emotivo per essere un gatto”.
E del primo racconto del Bestiario sentimentale, “La via matrimoniale dei pesci rossi” (che dà il titolo spagnolo alla raccolta, El matrimonio de los peces rojos), dice: “mi avevano regalato due pesci rossi, che sembrano inoffensivi, ma li chiamano pesci siamesi combattenti del Sian (nome scientifico Betta splendens) e in Oriente li fanno combattere come in Messico si fanno scontrare i galli e altrove i cani o le vacche. Se in una vasca di pesci rossi si mette uno specchio, il pesce combatte contro la propria immagine specchiata: ha un carattere molto combattivo.”
Nella raccolta c’è anche un racconto in cui il simbolo dell’amore è un fungo della pelle. Dice Nettel: “è stato un racconto difficile da scrivere e ora rileggendolo sento un’inquietante estraneità. L’animale del racconto in realtà è l’essere umano, paragonato a un fungo. L’animalità umana emerge quando siamo follemente innamorati e ci comportiamo come un fungo, che prova a invadere un altro essere per impossessarsene, per colonizzarlo, per invadere l’organismo che lo ospita, anche nella coscienza, nelle emozioni: si vuole fagogitare l’altro.”
Il corpo in cui sono nata
Avevo chiesto un’intervista a Guadalupe Nettel, che aveva acconsentito, dopo avere letto e apprezzato Il corpo in cui sono nata (Einaudi), che racconta in modo autobiografico l’infanzia di Guadalupe in Messico, e poi in Francia, segnata dai suoi problemi di vista causati da una macchia congenita sulla cornea dell’occhio destro. Avevo trovato nella storia alcune singolari simmetrie con esperienze vissute personalmente quando lavoravo nella capitale messicana, in particolare riguardo a Villa Olimpica, ex villaggio olimpico nel quartiere meridionale della megalopoli, dove avevo amici boliviani rifugiati politici.
Avevo corrisposto via mail con Guadalupe Nettel, ma il nostro contatto si era interrotto a causa dell’ultima scossa tellurica che aveva colpito la città. La storia di questa intervista è particolare e porta in sé, per me, quel tocco magico del Messico che mi accompagna da tanti anni. Trascorso un certo tempo, camminando in corso Garibaldi a Milano, passai davanti alla libreria Tempo Ritrovato Libri (www.temporitrovato.it) e rimasi piacevolmente folgorata dall’appuntamento letterario in programma: Guadalupe Nettel avrebbe parlato del suo libro Bestiario sentimentale. Ebbi quindi modo di realizzare l’intervista in carne e ossa, tra strette di mano e sorrisi invece che domande e risposte via mail. Piacevole scoperta, Guadalupe, una persona e una scrittrice fuori dal comune.

L’intervista a Guadalupe Nettel
Lei è nata a Città del Messico. In quale parte della megalopoli è cresciuta e in che misura il suo quartiere ha influito nella sua vita?
Sono nata a Villa Olimpica e ho trascorso la mia infanzia tra esiliati politici sudamericani e pochi messicani: questo ha influito molto sul mio modo di vedere il mondo. In seguito, ci siamo trasferiti con mia mamma nel sud della Francia e lì mi sono resa conto di cosa significa essere stranieri. Quella sensazione di essere diversi mi è rimasta appiccicata addosso e mi ha condotto alla letteratura.
Quanto del Messico e quanto di autobiografico si ritrova nella sua opera e in particolare ne Il corpo in cui sono nata?
Tutto. Molto degli anni Settanta, la mentalità dei progressisti messicani di sinistra, la società di disuguaglianze, la lotta tra le classi sociali. Oggi la società messicana non è cambiata, c’è forse un po’ più di consapevolezza.
Che rapporto ha la sua percezione della morte con quella messicana e la sua eredità preispanica?
La mia percezione della morte è molto diversa. La celebrazione dei Morti in Messico è una festa popolare, del popolo, di origine preispanica, si è circondati nei giorni dei morti di teschietti e scheletri di zucchero o di cartapesta e i messicani allestiscono in casa l’altar de muertos, l’altare dei morti in onore dei loro cari defunti, ma soffriamo per la morte nello stesso modo di tutti gli altri popoli e persone e proviamo lo stesso dolore.
Se lei accompagnasse un viaggiatore italiano in Messico, in quali località lo porterebbe per avvicinare e sentire il suo Paese?
Al villaggio di Amatlàn, vicino al ben più noto borgo di Tepoztlàn, nello Stato di Morelos non lontano da Città del Messico, poco turistico finora, ben conservato e tradizionale. Sempre nello Stato di Morelos, merita anche il villaggio di Tetela del Volcàn, ai piedi del vulcano Popocatepetl. Nel Stato di Oaxaca, a Juchitàn, nell’Istmo di Tehuantepec (un luogo particolare, dove le donne, che indossano meravigliosi costumi, sono le protagoniste di una società matriarcale), poi ai cenotes (grotte sotterranee che costellano la penisola dello Yucatàn) intorno a Merida, città che mi piace tanto anche se è molto turistica, e a Valle de Guadalupe, terra di vigneti in Bassa California.
La gastronomia messicana è molto elaborata, al contrario di quanto si pensa se la si confonde con il tex-mex. Quali specialità raccomanda di assaggiare al viaggiatore italiano?
Tutta la gastronomia dello Yucatàn, molto ricca e raffinata, dalla cochinita pibil (carne di maiale aromatizzata avvolta in foglie di banano) ai pop chuc (sottili fette di carne di maiale speziate alla griglia), dai papadzules (tacos con un ripieno a base di uova) alla sopa de lima (zuppa a base di pollo, tortilla, pomodoro al gusto del lime). Poi il mole negro (pollo in una spessa salsa a base di cacao e diverse qualità di peperoncini) dello Stato di Oaxaca, dove si mangiano anche hormigas (formiche) e chapulines (cavallette) e dell’Istmo di Tehuantepec i platanos machos rellenos de carne (i platanos machos sono una varietà tropicale di banane, usate come tuberi, in questo piatto ripiene di carne).
Quali libri suggerisce di leggere?
Stagione di uragani di Fernanda Melchor, edito da Bompiani, poi i libri tradotti in italiano di Alvaro Enrigue e Emiliano Monje.
Come vede oggi il Messico, segnato negli ultimi dieci anni dal narcotraffico, la violazione di diritti umani, gli omicidi?
La situazione si è molto degradata, ma la maggior parte della popolazione continua a essere buona, cioè normale, e accogliente. Con alcune precauzioni si può viaggiare in Messico senza correre rischi, astenendosi dagli spostamenti notturni. Sono però da evitare alcuni stati quali Michoacàn, Tamaulipas e Veracruz.
Qual è il problema principale del Messico oggi?
La corruzione e la violenza, soprattutto di genere.
E la principale risorsa?
Il Messico è pieno di vita e di creatività. L’arte, in tutte le sue forme, e la creatività sono onnipresenti.
Come ha visto la candidatura alle elezioni presidenziali del 1 luglio dell’indigena Marìa de Jesùs Patricio, che è stata poi costretta a rinunciare?
In Messico, dove la disuguaglianza e la guerra tra le classi sociali sono fortissime, nessuno vuole “vedere” gli indigeni (anche se sono oltre 10 milioni), sono come trasparenti anche se detentori di una saggezza ancestrale. Ho appoggiato la candidatura di Marìa de Jesùs Patricio Martinez, eletta dal Consiglio nazionale indigeno (Consejo de Pueblos Indigenas), ho partecipato in prima persona alla raccolta delle firme per la presentazione della candidatura, ma era già tutto predisposto affinché i candidati indipendenti non potessero arrivare fino in fondo. Martinez sarebbe stata la prima rappresentante dei popoli nativi, 500 anni dopo la conquista spagnola, candidata alle presidenziali messicane. È un peccato che questo non sia avvenuto, ma il movimento che rappresenta gli indigeni non si ferma.