Ludovico Einaudi davanti al trittico Il Giardino delle delizie di Hieronymus Bosch
Hieronymus Bosch, uno dei pittori più enigmatici di tutti i tempi le cui opere sono state oggetto di molteplici interpretazioni, e Il Giardino delle delizie, il suo capolavoro, sono al centro del film Bosch. Il giardino dei sogni, diretto da José Luìs Lopez Linares (il 7 e 8 novembre nelle sale italiane, elencate su www.nexodigital.it). Nato a s-Hertogenbosch, nelle terre dei duchi di Borgogna, da una famiglia di pittori originaria di Aquisgrana, Bosch era un visionario con il bagaglio della cultura figurativa fantastica medievale proteso verso il Rinascimento (fiammingo). Il film si concentra su una sola opera pittorica, la più importante, che si rivolge a tutti perché parla di vita e di morte, di paradiso e di inferno, di virtù e di peccato e colpisce profondamente, non solo per i suoi colori brillanti, anche se è difficile comprenderla a fondo e conserva lati oscuri. Creature fantastiche, uomini e animali, scene bibliche, simboli e tanti particolari, scene nella scena.

Nel documentario dialogano i primi piani del trittico, custodito al Museo Nazionale del Prado a Madrid, e le interpretazioni autorevoli che ne vengono date riaccendendo il dibattito intorno all’opera. Scrittori, artisti, conservatori, illustratori, curatori, filosofi, storici dell’arte, scienziati, musicisti, direttori d’orchestra esprimono una riflessione corale con diverse chiavi di lettura del capolavoro. Il Giardino delle delizie è la storia dell’umanità. Il Giardino delle delizie è un’enciclopedia che racconta il mutare delle cose. Il Giardino delle delizie è una fantasia dionisiaca. Il Giardino delle delizie è un trittico che, aperto, è quasi teatrale. Il Giardino delle delizie rappresenta aspetti della realtà e critica la vita di corte. E ancora: il dipinto dice che ciò che conta non è la cultura, ma la vita stessa. Ciò che la maggior parte della gente vede in questo dipinto è se stessa.

Da Orhan Pamuk a Salman Rushdie,da Cees Nooteboom a Miquel Barceló, da Isabel Munoz a Cai Guo-Qiang fino a Ludovico Einaudi, molte le voci nel film su uno dei dipinti più complessi di tutta la storia dell’arte, che non a caso era stato precedentemente chiamato Il dipinto della varietà del mondo, commissionato 500 anni fa presso la corte dei duchi di Nassau a Bruxelles. Il trittico, che a destra raffigura in modo non convenzionale Dio con Eva e Adamo, al centro una veduta fantastica di figure nude, animali immaginari, frutti di grandi dimensioni, e a sinistra l’Inferno con i tormenti della dannazione, è destinato a suscitare piacere, ma anche desolazione. Girato tra Paesi Bassi e Spagna, il documentario evoca il re Filippo II di Spagna, che acquistò il dipinto e lo portò all’Escorial, cita Salvador Dalì, che sarebbe stato ispirato dall’opera del pittore olandese come anche Antoni Gaudì. Il documentario è stato prodotto in occasione del V centenario della morte di Hieronymus Bosch e della relativa mostra “Bosch, l’esposizione cinquecentenaria” allestita al Museo Nazionale del Prado a Madrid, curatrice Pilar Silva, voce nel film come anche Xavier Salomon (Peter Jay Chief Curator della Frick Collection di New York). Un bell’approfondimento su un’opera colossale di un artista geniale e ribelle.
Il 7 e 8 novembre, nell’ambito del progetto della Grande Arte al Cinema, nelle sale italiane, elencate su www.nexodigital.it