“Mi affaccio sull’orlo dell’abisso” sono le parole di attacco di Paul Gauguin nel bellissimo film Gauguin a Tahiti. Il paradiso perduto, nelle sale cinematografiche italiane il 25-26-27 (info, biglietti ed elenco delle sale cinematografiche su www.nexodigital.it). Il soggetto è di Matteo Goldin e Matteo Moneta, anche sceneggiatore, la regia di Claudio Poli. Il narratore è Adriano Giannini, la colonna sonora originale è di Remo Anzovino, Nastro d’argento 2019 per la sua “musica per l’arte”.
Dalla Polinesia ai musei nordamericani
Il film racconta Gauguin, “una delle figure più complesse dell’intera storia dell’arte, non solo del XIX secolo”, per Marco Goldin. Dalla vegetazione lussureggiante e le donne della Polinesia dipinte in una serie di capolavori, nessuno dei quali è rimasto a Tahiti, ai grandi musei americani dove tali capolavori sono custoditi, dal Metropolitan Museum di New York al Chicago Art Institute di Chicago, dalla National Gallery of Art di Washington D.C. al Museum of Fine Arts di Boston. Arricchiscono il racconto gli interventi di esperti internazionali, curatori, docenti e anche discendenti polinesiani dell’artista, e le parole di Gauguin tratte dai suoi numerosi scritti autobiografici quali Noa, Noa e Avant et aprés e dalle lettere alla moglie, ai familiari e agli amici.
Il viaggio verso l’ignoto
Il film si affaccia su temi cari a Paul Gauguin quali l’ignoto, la libertà, il viaggio e racconta, evoca, suggerisce. Gauguin viaggiò ovunque, da Capo Nord alla Martinica, in tutti i mari del mondo imbarcandosi come marinaio con la Marina francese. Il primo viaggio risale a quando Gauguin aveva appena quattordici mesi e fu portato a Lima dalla famiglia della madre, rimanendo per sempre legato alla sua eredità sudamericana. Non smise mai di partire fino a quando, il 1 aprile 1891 s’imbarcò a Marsiglia sulla nave Océanien diretta a Tahiti. Tra la Polinesia e le isole Marchesi, dove morì ed è sepolto nel cimitero della Missione, trascorse quasi senza interruzione gli ultimi dodici anni della sua vita.

Parigi e la vita borghese
Molto tempo prima, Gauguin aveva lavorato come agente di cambio alla Borsa di Parigi per undici anni, arricchendosi. Fu durante quel periodo di vita borghese e agiata che conobbe la futura moglie, Mette Gad, che gli diede cinque figli. Durante la vita matrimoniale Gauguin era apparentemente felice, ma poi iniziò a dipingere, in un primo tempo solo la domenica. Iniziato alla pittura da Camille Pissarro, ne fu sempre più coinvolto e, quando perse il lavoro, la moglie lo abbandonò trasferendosi con i figli nella nativa Copenaghen. Non sarebbero più tornati insieme.
La Bretagna
Gauguin allora partì, come faceva sempre quando era in difficoltà. Lasciò Parigi per sfuggire al mondo borghese, alla rigidità dell’accademia artistica, al conformismo. Per purificarsi dalla città e dalle mode artistiche parigine andò in Bretagna, che lo attraeva per i suoi scenari di aspra bellezza. Dipinse lì alcune delle sue opere più celebri quali La visione del sermone, oggi a Edimburgo, che è considerato la pietra miliare nella nascita del simbolismo, che ribaltava la pittura. Gauguin affermava sulla tela che il flusso che nasce dalla coscienza è più importante dell’occhio fisico, rivoluzionando la visione pittorica dominante del plein air. Gauguin è l’uomo dell’inconscio che dà spazio all’interiorità, che alla fine del XIX secolo emerse in tutta la sua forza.
I colori di Gauguin
Geniale colorista fin dai primi dipinti, Gauguin non amava dipingere en plein air, trovava troppi particolari intorno, troppe distrazioni. Volle prendere le distanze dagli impressionisti. Anche Gauguin aveva bisogno della natura, ma la trasformava creando un “paesaggio di colore”, con forti contrasti. Il suo è un colore antinaturalistico che rappresenta l’anima. Ma Gauguin è un uomo tormentato, irrequieto, che non trovò mai pace, sempre malato, sempre squattrinato, sempre alla ricerca di verità e autenticità.

La tranquillità di Tahiti
Le mariage de Loti di Pierre Loti su Tahiti, che regalò a Gauguin Van Gogh (al quale lo legò un’amicizia profonda ma tormentata), lo influenzò profondamente. Il primo impatto con Tahiti (con la città) non gli piacque. Si trasferì a vivere nel villaggio di Mataiea, descritto in Noa, Noa, in una capanna di fronte all’Oceano. Visse con la sua prima sposa-bambina (cui ne seguirono altre), la tredicenne Tehamana, che dipinse una sola volta nel 1893, della quale fu follemente innamorato. Scrisse: “divengo tranquillo, spensierato, amorevole” (Noa, Noa). Riprese a dipingere.
Un grandissimo pittore
Gauguin abbracciò in modo fisico la cultura tahitiana e ne divenne difensore contro l’ingerenza coloniale. Esagerando i colori di Tahiti, che sono forti, brillanti di per sé, realizzò opere di grande forza. Lo affascinavano la vegetazione esuberante, i colori, la prossimità alla natura dei tahitiani, le donne dai liberi costumi (che dipinge in una serie di capolavori) così lontane dal cosiddetto mondo civilizzato, cui tuttavia Gauguin come uomo e artista occidentale non poté mai sfuggire, dipingendo comunque per quel mondo. Ecco la sfida e il tormento di un grandissimo pittore nella sua instancabile ricerca dell’autenticità primigenia.

Ancora Tahiti
Nel secondo e ultimo periodo a Tahiti si servì della cultura tahitiana per esprimere verità più grandi, spirituali e misteriose. La sua salute peggiorava, un colpo durissimo fu la perdita della figlia prediletta Aline, che morì di polmonite a nemmeno vent’anni. Gauguin tentò di uccidersi con l’arsenico, ma tra atroci sofferenze non perì. Ne uscì come rinato un altro uomo, la sua pittura nell’ultimo biennio è sublime, matura, più intima, quasi mistica. Produce un gran numero di capolavori tra i quali il celebre dipinto Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? (oggi al Museum of Fine Arts di Boston.
Dalle isole Marchesi a Parigi
Alle Isole Marchesi, dove si trasferì, costruì la Maison du Jouir, la Casa del piacere, una casa-atelier che decorò con statue, incisioni, quadri, pannelli scolpiti nel legno. Nudi femminili semplici e sensuali e iscrizioni testimoniano la mai sopita ricerca della purezza primitiva che lo accompagnò fino alla fine della sua vita. Gauguin indicava così la strada del cosiddetto “primitivismo”, che nel XX secolo avrà grande seguito tra i grandi artisti. I pannelli decorativi sono conservati al Musée d’Orsay di Parigi. Tra le iscrizioni che ci ha lasciato: Soyez amoureuses et vous serez heureuses. “Siate innamorate e sarete felici “.

Prodotto da Nexo Digital e 3D Produzioni, si inserisce nel calendario della Grande Arte al Cinema, un progetto originale ed esclusivo di Nexo Digital.
Il trailer qui: https://youtu.be/aEQXD-I5JDs