Intervista a Diego Sileo, curatore della mostra Frida Khalo oltre il mito fino al 3 giugno al MUDEC, Museo delle Culture di Milano.
Com’è nato il suo interesse per Frida Kahlo?
Sono arrivato a Frida per caso grazie alla mia professoressa liceale di spagnolo, che veniva da Bogotà e faceva lezioni sull’arte e la cultura latinoamericana. Un giorno portò in classe un libro su Frida. All’Università ho proseguito gli studi sull’arte latinoamericana, ho scritto la tesi di laurea su Frida e in seguito anche la tesi di dottorato. Nel 2007 quando, in occasione dei festeggiamenti del centenario della nascita dell’artista messicana, è stato aperto l’archivio di Frida Kahlo e Diego Rivera nella Casa Azul a Coyoacan, sigillato fino ad allora, sono partito e ho cominciato a occuparmene. L’archivio contiene molto, oggetti, lettere, fotografie, documenti e fornisce nuove chiavi di lettura. Oltre al ruolo di icona, che Frida ha, è un’artista, nella mostra ho voluto presentare il suo valore nella storia dell’arte.
Come si colloca Frida nel panorama artistico del Novecento?
Frida è la prima artista donna del Novecento in quanto è riuscita a esprimersi in totale libertà, con una creatività propria al cento per cento. È la prima artista totale, anticipatrice di temi, attitudini e atteggiamenti tipici degli artisti odierni. Sono poche le artiste donne riconosciute nel Novecento, oggi ce ne sono tante, allora no. Anche se il genio della coppia era Rivera, che mi sento di accostare a Caravaggio, Michelangelo, Giotto, Frida, che è stata un’abile pittrice, aveva una libertà che ci sarebbe potuto aspettare da un’artista europea. Ci si immagina l’Europa aperta, in realtà il Messico era totalmente libero, le donne non erano solo mogli e amanti, avevano totale libertà di creare arte.
Come si manifesta la messicanità in Frida?
C’è tanto del Messico nell’arte di Frida, originale, irripetibile, con elementi onirici, ma anche tanti altri che rimandano alla tradizione preispanica, fortemente presente nel Paese. Frida ha sempre sostenuto di essere un’artista messicana e anche Diego le consigliava di mostrarsi come tale, facilmente riconoscibile, anche nell’abbigliamento.
Quali luoghi di Città del Messico sono da vedere per avvicinare Frida?
Tutta la città parla di Frida, qualsiasi quartiere o strada. Per immergersi nel mondo di Frida suggerisco di affittare una stanza a Coyoacàn, che ora è quasi di moda e si può visitare anche con tour organizzati: lì sembra di vivere gli anni di Frida e Diego.

Lei conosce bene Città del Messico?
È il luogo che conosco meglio del Messico: dal 2004 a oggi ci ho passato ogni anno periodi di circa tre mesi. È molto diversa dal resto del Paese e ha la capacità di cambiare faccia con facilità. Ha tante risorse culturali e anche economiche e offre concretamente la possibilità di partecipare a progetti e contribuire a cambiamenti.
Cosa l’ha maggiormente colpita in Messico?
La prima volta che ci sono andato avevo poco più di vent’anni, è stata un’esperienza quasi surreale, del tutto inaspettata. Città del Messico mi ha colpito moltissimo, non è una metropoli facile, c’è tanta gente, povertà e delinquenza, ma mi ha soprattutto colpito dal punto di vista culturale. Ho visto tante città del mondo e molte città latinoamericane, ma nessuna mi è parsa così particolare, con un fascino così forte come il D.F. La dimensione spazio-temporale è molto dilatata e diversa dalla nostra, viverci non è facile, ho potuto cogliere tante contraddizioni e particolarità di un Paese dall’identità molto forte.
Come vede Città del Messico oggi?
Dal 2004 al 2017 la città è molto cambiata, è più sofisticata, si è adeguata a modelli e prospettive occidentali. Per esempio nei trasporti pubblici, che hanno un’efficienza impressionante e sono paragonabili a quelli di Londra o Parigi, raggiungono ogni zona della megalopoli integrando anche le aree periferiche. Ho anche visto interi quartieri rimodellati e adattati a parametri urbanistici europei e americani, magari sacrificando un po’ la tipicità, anche se mantengono comunque un fortissimo carattere.
Quali sono i quartieri maggiormente cambiati in anni recenti?
Credo che il quartiere che ha avuto la maggiore trasformazione sia quello di Nuevo Polanco, dove si trova lo Jumex (www.fundacionjumex.org), una delle maggiori collezioni di arte contemporanea in America Latina nel bellissimo contenitore firmato da David Chipperfield. È una costruzione impressionante, che ha contribuito alla trasformazione dell’intero quartiere negli ultimi cinque anni. La zona era malfamata e pericolosa, ora si raggiunge in metropolitana con la linea arancione. Vicino allo Yumex si trova il Museo Soumaya (www.museosoumaya.com), di Carlos Slim, che ha comprato l’intero quartiere. A Città del Messico sono nati altri musei di arte contemporanea quali il MUAC, Museo Universitario de Arte Contemporaneo all’interno del campus della Universidad Nacional Autonoma de México. Diversa la situazione nell’area de Las Lomas Altas, dove sono andato perché tutti i collezionisti vivono lì, tutti i milionari: è blindatissima, con sicurezza armata a ogni angolo, ispezioni ai tassisti, come se fosse una zona che appartiene a un’altra legislazione.
Il problema principale del Messico oggi?
La corruzione. Si sente, si percepisce anche senza avere avuto esperienza diretta della piaga del narcotraffico. Sul Messico contemporaneo consiglio di leggere “Ossa nel deserto” del . coraggioso giornalista messicano Sergio Gonzalez.
La principale opportunità?
La cultura. Per il Messico è davvero una fonte di sostentamento. Il patrimonio culturale è vastissimo e riescono a valorizzarlo molto bene. L’arte ha salvato il Paese, è l’ancora di salvezza, l’opportunità di mostrare al mondo quello che sono. La UNAM e la IBERO sono le più grandi università dell’America Latina, i musei hanno la capacità di valorizzare il proprio patrimonio storico-artistico come pochi altri musei al mondo. A Città del Messico c’è una concentrazione di musei pari a quella di New York.