Andate a Città del Messico per capire Frida Kahlo. Con qualche precauzione potete girare la megalopoli e scoprire la passione per l’arte, la creatività, l’umorismo a tratti spiazzante dei messicani, il numero straordinario di librerie, gallerie d’arte e musei, il senso del tempo tanto diverso dal nostro. Ebbe a dire Frida, ed è ancora attuale: “Il Messico è come sempre è stato, disorganizzato e lasciato al diavolo. Gli resta soltanto l’immensa bellezza della terra e dei suoi abitanti.”
Vorrei accompagnarvi oltre la mostra al MUDEC Frida Kahlo oltre il mito – che espone capolavori solitamente impossibili da vedere tra dipinti, disegni, fotografie, lettere e documenti d’archivio inediti – nei luoghi di Frida, che costituiscono il fortissimo contesto dell’artista messicana senza conoscere il quale nulla è comprensibile, e attraverso la splendida biografia Frida. Vita di Frida Kahlo di Hayden Herrera, considerata tra i massimi esperti mondiali della pittrice messicana.
Frida Kahlo oltre il mito
La mostra Frida Kahlo oltre il mito è bellissima per la ricchezza delle opere esposte e per la chiave di lettura proposta dal curatore Diego Sileo (si veda Intervista al curatore), che va oltre ogni riduttiva semplificazione che ha trasformato l’artista in un’icona pop ed è stata agevolata dall’apertura nel 2007 dell’archivio di Frida Kahlo e del marito Diego Rivera nella Casa Azul a Città del Messico, che era rimasto sigillato per oltre cinquant’anni.
Sono 318 le opere esposte in mostra provenienti dalle due più importanti collezioni di opere di Frida al mondo, il Museo Dolores Olmedo e la collezione di Jacques e Natasha Gelman, oltre che da musei internazionali e collezioni private. Parallela all’esposizione principale, “Il segno degli antenati. L’archeologia messicana nell’immaginario di Frida Kahlo“, nel percorso dell’Agorà del MUDEC a cura di Carolina Orsini e Davide Domenici. La piccola e interessante esposizione, con opere delle collezioni permanenti del museo, racconta del processo di costruzione identitaria in corso in Messico all’epoca di Frida grazie alle grandi campagne archeologiche e alla rivalutazione dell’arte preispanica e delle tradizioni indigene.

L’arte, Diego Rivera, la rivoluzione
Frida Kahlo è un personaggio di grande complessità, incarnazione di un Messico esuberante e sensuale, arguto e dolente, imprevedibile e creativo, il volto forte con le inconfondibili sopracciglia unite e lo sguardo come una spada. Era considerata bella. Bella era sicuramente la sua audacia, come la sua forza di carattere e la sua passione per l’arte, per Diego Rivera, il maggiore dei grandi muralisti che dominarono la scena artistica del Messico nella prima metà del XX secolo, che sposò due volte.
Sentendosi rivoluzionaria, si attribuiva come data di nascita quel 1910 inizio della Rivoluzione messicana, alterando i dati biografici che la volevano nata nel 1907. Militante comunista e femminista, profondamente radicata nella cultura messicana, fu un personaggio di primo piano nella stagione di massimo fervore culturale e artistico di Città del Messico, all’epoca capitale di esiliati politici, intellettuali, artisti di tutto il mondo, circondata dall’intellighenzia internazionale.

La Casa Azul
Al numero 127 di calle Londres a Coyoacàn, la Casa Azul “…all’interno è uno dei luoghi più straordinari di Città del Messico: una casa di donna, con tutti i suoi dipinti e le cose che le appartenevano, trasformata in museo”: si legge nella biografia Frida. Vita di Frida Kahlo di Hayden Herrera. La Casa dove l’artista abitò, in modo intermittente, con il marito Diego, parla di Frida attraverso numerose sue opere, la tavolozza e i pennelli, il suo “Diario”, gli abiti, una collezione di arte popolare messicana, dipinti di epoca coloniale, disegni e opere di Diego, sculture preispaniche collezionate dai coniugi.
Andateci e passeggiate per Coyoacàn, quartiere meridionale di Città del Messico incastonato come un borgo coloniale tra trafficatissime avenidas: al centro plaza Hidalgo con il vicino Jardin Centenario, i caffè, i ristoranti, la chiesa, l’animazione di musicisti e venditori ambulanti, le vie lastricate, le piazzette: pare di tornare indietro nel tempo, ai tempi di Frida.
L’elefante e la colomba
“Chi l’ha conosciuta bene sostiene che l’intelligenza e lo humour di Frida le brillavano negli occhi e che erano proprio gli occhi a rivelarne lo stato d’animo: divoranti, capaci di incantare, oppure scettici e in grado di annientarti” si legge nella biografia “Frida” della Herrera. E ancora: “Nel 1929 divenne la terza moglie di Diego Rivera. Che coppia! Frida Kahlo piccola e fiera come un personaggio uscito dai romanzi di Garcia Marquez; Rivera enorme e stravagante, una creatura alla Rabelais.”
L’elefante e la colomba, secondo le parole di Frida, che riporta quelle usate in famiglia all’epoca del suo matrimonio. Accanto a Diego, alto venti centimetri più di Frida, cento chili più grosso e di vent’anni più vecchio, Frida soffriva, a causa dei continui tradimenti del marito. Resisteva, concedendosi a sua volta frequenti relazioni, che mai intaccarono il legame infrangibile che Frida aveva con Diego. “In vita mia mi sono capitati due incidenti gravi” disse una volta. “Il primo quando un tram mi ha messa al tappeto… L’altro incidente è Diego” (H. Herrera).

Autoritratti e “nature vive”
“Di se stessa diceva: pensavano che fossi una surrealista, ma non lo ero. Non ho mai dipinto sogni. Ho dipinto la mia realtà.” Colpita a cinque anni dalla poliomielite, che le aveva danneggiato una gamba, Frida fu devastata dell’incidente che ebbe diciottenne quando l’autobus sul quale viaggiava fu investito da un tram. Fu sottoposta a una trentina di operazioni, incessanti tormenti, busti ortopedici, protesi, ripetuti aborti. Il suo corpo straziato è il soggetto principale delle sue opere, gran parte dei suoi dipinti sono autoritratti, oltre a nature morte visionarie e sensuali, che l’artista preferiva chiamare “nature vive”.
Frida fu apprezzata da Breton, Picasso, Kandinskij, Duchamp, Mirò oltre che dal marito Diego Rivera, che vedeva l’opera della moglie come: “lavoro acido e tenero, duro come l’acciaio e delicato e fine come l’ala di una farfalla, adorabile come un sorriso, profondo e crudele come l’amarezza del vivere” (Heyden Herrera).
Abiti, fiori e gioielli
In omaggio a Diego, ma non solo, Frida dopo il matrimonio abbandonò gli abiti maschili ai quali era abituata per indossare i costumi del suo popolo prediligendol’abbigliamento tradizionale delle donne di Tehuantepec, nel sud-ovest del Paese. Era bellissima nel suo coloratissimo costume (le cui lunghe gonne le permettevano di occultare le proprie deficienze fisiche) e molto appariscente, adorna di gioielli con i capelli acconciati con nastri e fiori. Faceva colpo a quei tempi in cui non era abituale che una donna non indigena si abbigliasse in tal modo. Esprimeva molto di sé attraverso i vestiti che indossava: nella stanza da bagno della Casa Azul si svolgeva il rituale quotidiano della vestizione, in sé un’opera d’arte.
“Per Frida gli elementi dell’abbigliamento erano una specie di tavolozza da cui scegliere, giorno per giorno, l’immagine di sé da presentare al mondo…. Si fecero sempre più colorati e elaborati via via che la sua salute andò declinando” (H. Herrera).

La mostra in pratica
MUDEC www.mudec.it
Fino al 3 giugno
Prodotta da 24Ore Cultura e promossa dal Comune di Milano.