Andrea Vitali

Andrea Vitali è uno degli scrittori italiani contemporanei più conosciuti e amati, con una quarantina di romanzi pubblicati l’ultimo dei quali è Un bello scherzo. I casi del maresciallo Ernesto Maccadò. La sua vita e quasi tutti i suoi romanzi sono ambientati a Bellano, la cittadina sulla sponda orientale del lago di Como ai piedi della Valsassina. Le storie raccontate da Andrea Vitali divertono e coinvolgono. Attratti dai suoi romanzi, tanti visitatori esplorano i luoghi narrati, i vicoli del centro storico, il porticciolo, il cotonificio Cantoni, il parco delle Rimembranze, il santuario della Madonna delle Lacrime a Lezzeno. Merita anche percorrere la bella passeggiata lungolago e fare una gita in battello sul lago.

 

 

 

 

Medico-scrittore

 

 

 

 

Per venticinque anni Andrea Vitali è stato medico di famiglia a Bellano. Racconta lo scrittore che alla fine del liceo non aveva le idee chiare su cosa studiare all’università anche se la sua vocazione letteraria era emersa proprio a quel tempo, quando fu affascinato dalla grande letteratura. Molti suoi compagni si iscrissero a medicina e anch’egli prese quella strada, appoggiato dal padre. Superati i primi due anni, più teorici, la ritenne una scelta molto soddisfacente.

 

 

 

 

 

 

Andrea Vitali
Il porticciolo di Bellano

 

 

 

 

 

L’intervista

 

 

 

 

La pratica di medico di famiglia le ha permesso di avvicinare le persone nei loro momenti di fragilità: quanto ha contribuito questo alla sua narrazione e alla nascita dei suoi personaggi?

 

 

 

 

La medicina di base è una grande palestra per avvicinare le persone e aver fatto il medico di famiglia ha contribuito a sciogliermi nel confronto con gli altri mettendomi in contatto con le loro vite. Tanto più nel paese in cui sono nato dove le persone mi avevano visto crescere. Diventare il loro medico di fiducia ha favorito una confidenza accresciuta poi dalla pubblicazione dei miei primi racconti sul giornale locale e quindi dei romanzi. Ho avuto sotto gli occhi una fetta significativa di umanità cogliendo modi di fare, vezzi, difetti. Questo mi ha permesso di mettere insieme un archivio di particolari da cui a volte emergono i miei personaggi, che si caratterizzano anche solo per un dettaglio fisico come un naso particolare o una maniera speciale di muovere le mani o di camminare.

 

 

 

 

 

Ritiene che la professione di medico e quella di scrittore abbiano punti in comune?

 

 

 

 

 

Sono due professioni profondamente umanistiche. In campo medico questo è qualcosa che si impara con l’esperienza. La medicina di base si fonda sull’incontro, sull’ascolto e la chiacchiera, solo in un secondo tempo interviene la diagnostica. Il primo approccio è di natura orale, fatto con la parola, le domande e le risposte. In questo risiede la radice profondamente umanistica e umana della medicina di base.

 

 

 

 

 

Andrea Vitali.

 

 

 

 

 

 

 

Immagina i suoi personaggi camminando per le vie di Bellano o rimangono confinati nel suo studio, nella sua fantasia?

 

 

 

 

 

Li “vedo”, talvolta mi immedesimo, fingo di vestirmi come loro per dare carattere di verosimiglianza alla storia, fingo di avere i loro obiettivi, mi piace “portarmeli appresso”. Il personaggio deve emergere, ma anche il contesto, i dettagli che compongono il paesaggio. Il lago è il protagonista delle mie storie che non cambia mai. Per il resto, a me piacciono le storie della cosiddetta gente comune anche se non esiste gente comune, ognuno è unico.

 

 

 

 

 

 

 

Andrea Vitali
Cortili a Bellano

 

 

 

 

Lei ha scritto una quarantina di romanzi. Qual è quello al quale è più legato e perché?

 

 

 

 

Pianoforte vendesi, che è quasi un racconto lungo, ma io lo ritengo un romanzo perché è una storia in cui si fondono due mie anime: un’anima ancora infantile e una più matura, una sorta di credo pagano e un credo molto più elevato, spirituale. È una storia che si svolge nella notte della vigilia dell’Epifania durante la quale avverto la presenza di tutti coloro che hanno abitato questo luogo, anche i più antichi abitanti. È come se potessero per un attimo abbandonare l’aldilà e tornare per una notte a ripopolare il paese che hanno lasciato molti anni prima per rendersi conto che esiste ancora e vedere come è cambiato. È anche una metafora del mio essere alieno al viaggio e al turismo. Sento la necessità di essere saldamente radicato in un posto, che sia sempre e solo quello. Vado a Lecco, a Milano, a Roma, di cui capisco la bellezza, ma torno sempre a Bellano, che è per me un luogo dell’anima.

 

 

 

 

 

Come trova sempre nuova ispirazione?

 

 

 

 

A volte ci vuole poco, basta una notiziola reperita su un giornale d’epoca. Mi piace andare a curiosare nelle cronache del circondario che raccontano sempre storie particolari. Mi basta partire da una vicenda curiosa. Quando ho in mano un po’ di elementi, anche giocosi, trovo l’ispirazione. La trama nasce piano piano, non ho mai fatto scalette, mi pare un lavoro troppo meccanico. Mi affido alle sorprese del quotidiano, ogni giorno porto avanti il racconto, poco o tanto che sia, e in corso d’opera nascono situazioni e personaggi.

 

 

 

 

 

 

Andrea Vitali
La chiesa dei Ss. Lazzaro e Celso

 

 

 

 

Andrea Vitali
Il marmo nero veniva usato per altari e pavimentazione delle chiese 

 

 

 

 

 

Che rapporto hanno i suoi familiari con i suoi romanzi: li leggono prima della pubblicazione o rimangono ai margini?

 

 

 

 

 

Mia moglie li legge sempre prima oppure succede, spesso, che quando sto scrivendo sono io a leggerle ad alta voce parti del romanzo in lavorazione. Mi piace guardarla in faccia e scrutare la mimica per cogliere le sue reazioni, per sapere se funziona o meno. Apprezzo molto la capacità critica delle donne.

 

 

 

 

 

 

 

Anfdrea Vitali

 

 

 

 

 

Durante la pandemia lei ha ripreso la professione medica. Com’è stata questa esperienza?

 

 

 

 

 

Ero di supporto a un collega in quarantena. Non era la prima volta che sostituivo un amico medico, è successo spesso. L’esperienza è stata molto positiva. Ho verificato nuovamente come il rapporto diretto con il paziente sia insostituibile e la parola stessa sia terapia. Sono venuto a contatto con alcune persone in stato febbrile e in quel momento questo significava avere il Covid. Mi riferisco a malati non gravi, poi guariti. Avevo tempo, li andavo a trovare e chiacchieravo con loro. Questo ha avuto la funzione terapeutica di sedare l’ansia che era molto forte e controproducente.

 

 

 

 

 

Ha riscontrato solidarietà o chiusura della popolazione a Bellano durante l’emergenza e tuttora?

 

 

 

 

 

Ho riscontrato molta solidarietà per esempio da parte di quei negozianti che hanno fatto un lavoro incredibile portando quello che serviva a domicilio. La protezione civile si è spesa senza risparmio di energie. Ho riscontrato anche un rispetto incredibile delle regole.

 

 

 

 

 

Molti anziani sono mancati anche, e non solo, a Bellano: che effetto pensa possa avere questa crepa negli affetti e nella memoria collettiva?

 

 

 

 

 

Mi viene in mente una frase di Elias Canetti, credo ne La lingua salvata, che fa riflettere: “quando muore un anziano, è un vero peccato perché con lui muore più vita”. Muore più memoria, muoiono tante cose che sono dei punti di riferimento. Basta pensare ai nonni che sono riferimento per i nipoti. Queste perdite peseranno sul lungo termine.

 

  

 

 

 

 

 

 

Si parla fin troppo dei numeri e degli effetti della pandemia sul fisico delle persone, ma non abbastanza di quelli sulla psiche. Lei come medico di famiglia e come scrittore ha strumenti per comprendere il disagio. Come vede le conseguenze dell’isolamento prolungato?

 

 

 

 

 

 

Sulla psiche riscontro conseguenze devastanti. Le ho notate nella mimica, nel modo di porsi e di parlare delle persone. Si è logorata la capacità di resistenza. Non c’è la certezza di poter tornare a essere come prima. Noi qui siamo fortunati, abbiamo il lago davanti, ma posso immaginare come sia stata difficile la situazione di una famiglia chiusa in un appartamento di sessanta metri quadrati con i bambini. Si possono creare situazioni di grave tensione.

 

 

 

 

 

Quali ripercussioni avrà la pandemia sui giovani?

 

 

 

 

 

Sui giovani è ancora più devastante. La pandemia sta rubando gli anni più belli della vita alle nuove generazioni. È una ferita che resterà, si cicatrizzerà ma non passerà mai perché questo tempo non tornerà più. Mi dispiace moltissimo, mi sento quasi in colpa anche se non c’entro.

 

 

 

 

 

 

Come vede il futuro del turismo in Italia e a Bellano: crede che cambierà qualcosa in meglio nel senso della sostenibilità dopo la pandemia e in che modo?

 

 

 

 

 

 

Deve cambiare lo sfruttamento dell’ambiente. A Bellano nel fine settimana non c’è un buco dove mettere l’automobile, ma si può arrivare comodamente in treno o in battello. Non si dovrebbe più entrare in automobile: questo sarebbe già un cambiamento.

 

 

 

 

 

 

Un suo desiderio per il post emergenza sanitaria?

 

 

 

 

Il mio massimo desiderio è che mio figlio, che si è laureato a Milano chiuso nella sua stanzetta (situazione triste pur con la presenza mia e di mia moglie), possa partire per fare un master in filosofia a Tolosa, come desidera. E allargo questo desiderio a tutti i giovani, augurando loro che possano ritornare ad avere una vita di piena soddisfazione, di frequentazioni, di innamoramenti.

 

 

 

 

www.andreavitali.info

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